10 Ottobre 2024
La lista delle mie letture preferite del 2020.

È vero 2020, ci siamo già salutati, ma facciamolo di nuovo, stavolta con una lista di letture che mi faranno ripensare all’anno appena passato come a una dozzina di mesi investiti anche in qualcosa di buono.

Dati gli innumerevoli weekend casalinghi e le pause pranzo solitarie, in fatto di libri ho spuntato diversi desideri dalla lista. Qui quella dei miei preferiti, in ordine di lettura.

M Train
Patti Smith

Si parte da un caffè nero con pane e olio d’oliva al Café ‘Ino nel Greenwich Village e si attraversano diciotto stazioni con il M Train di Patti Smith. Sogno e realtà hanno confini labili, l’uno scivola dentro l’altra mentre la cantante-scrittrice ci accompagna nella sua mente, nei suoi viaggi passati documentati dalle immancabili Polaroid e da quelli fantastici. Sta leggendo L’Uccello che girava le viti del mondo, di Murakami, e comincia ad esserne ossessionata, vuole trovare la casa abbandonata di cui parla il protagonista, finché s’imbatte realmente in una casa che finirà per acquistare, a Rockaway Beach, poco prima che vi si abbatta l’uragano Sandy. Nel frattempo Patti Smith ci lascia entrare nella sua vita, nei ricordi, nelle ferite lasciate dalle perdite profonde del suo passato, e mentre il dolore sembra una costante, non c’è spazio per lo sconforto perché la fiducia nell’esistenza rendono la sofferenza una poesia, la speranza una preghiera. 

La campana di vetro
Sylvia Plath

Il problema di questo libro è la sua componente largamente autobiografica. Perché l’autrice l’elettroshock l’ha provato sul serio, così come lo stato depressivo, la terapia, il suicidio, nella realtà avvenuto – in seguito ad un primo tentativo, un mese dopo la pubblicazione de La campana di vetro. L’America degli anni Cinquanta si rivela spietata attraverso l’occhio tagliente di una ragazza poco più che adolescente alle prese con la soffocante sensazione di essere chiusa, appunto, in una campana di vetro. Un libro che sarebbe stato toccante e crudele anche senza la tragica corrispondenza con la vita di Sylvia Plath, ma che si carica così di una sofferenza ancor più concreta e difficile da tollerare. 

Storie vere e verissime
Ermanno Cavazzoni

Cavazzoni ci inganna con la sua scrittura che scivola liscia. I suoi racconti cesellati con il bisturi dell’ironia sono come le ciliegie ma il loro effetto è prolungato. In questo libro ci sono politica, religione, alieni, aldilà, il perché sorridiamo nelle fotografie, è davvero meglio essere milionari che poveri?, o il funzionamento di un miracolo. Come scrive Anja Boato nella sua critica, “il cuore della raccolta non è la storia, ma l’assoluta imprevedibilità delle riflessioni che ne derivano.” Anche perché ogni storia, come viene chiarito sin dal principio, è talmente autentica che Cavazzoni stesso si offre di mettere a disposizione i recapiti di ogni persona citata.

Io cammino da solo
Henry David Thoureau

I diari erano concepiti da Thoreau come un’opera suscettibile di pubblicazione, dunque non c’è da stupirsi che abbia privilegiato i temi che più gli stavano a cuore, come inveire contro ogni aspetto della società e civiltà a lui contemporanee. Un provocatore? Sicuramente, ma non senza cognizione di causa. Se volete leggere un autore per capire meglio la nostra epoca, ciò che ha scritto Thoreau tra il 1837 e il 1861 andrà benissimo. Sembra abbia già elaborato un pensiero per ogni aspetto della vita cittadina, di quella nella natura, dei benefici del camminare, della solitudine e dell’amicizia, di ciò che è essenziale. Le sue visioni sono spesso estreme, ma questo ci facilita nel rubare solo quello che ci interessa, lasciando che il resto sia semplicemente una bella lettura. 

Metodo Mindfulness
M. Williams, D. Penman

Un programma in 8 settimane che ho cominciato alla fine del mio primo corso di meditazione. È un manuale (per principianti), quindi la teoria è funzionale alla pratica, che occupa gran parte delle pagine di questo libro. Sinceramente non credo mi ci sarei mai avvicinata da sola, anche perché le copertine continuano ad avere un certo ruolo nella mia scelta dei libri, ma mi è stato consigliato dal mio maestro di Mindfulness ed è stata una delle scoperte migliori del 2020. Non può annoverarsi tra le letture di puro piacere, perché non avrebbe alcun senso leggere senza provare gli esercizi descritti, ma se qualcuno volesse farsi un regalo per il 2021, che inizi a meditare. Sono la fonte meno autorevole per dirlo ma è una pratica che riesce concretamente a migliorare i nostri giorni (in questo libro ci sono anche tutte le evidenze scientifiche del caso). 

La schiuma dei giorni
Boris Vian

Autore, trombettista, drammaturgo, traduttore, ingegnere, fondatore di un locale notturno nella Francia degli anni Cinquanta, Boris Vian muore a 39 anni dopo essersi  lasciato alle spalle molto mistero e capolavori incredibili, come La schiuma dei giorni. La scrittura imprevedibile di Vian, zeppa di immagini surreali e neologismi racconta l’esagerata quantità di vita di Colin, giovane, ricco, bello, e della manciata di persone che lo circondano. Il suo migliore amico, fan sfegatato del filosofo Jean-Sol Partre, e la fidanzata Alise, il cuoco Nicolas che inventa piatti magistrali, e Chloé, per la quale proverà un amore improvviso e incondizionato. Un dramma spietato porterà alla rovina il protagonista, riflesso dall’appartamento splendente che si rimpicciolirà sempre di più, lasciando solo una grande quantità di fiori ad appassire.

Una vita come tante
Hanya Yanagihara

Mi hanno messa in guardia: sarà dura. Mi hanno anche detto che questo è un libro difficile da consigliare, perché chi consiglierebbe una lettura piena di brutalità e violenza, che per 1104 pagine ti tiene incollata alle storie di 4 amici che passano la maggior parte del tempo a soffrire? Eppure. Eppure la Yanagihara crea un racconto che riesce a farti affezionare ad ogni personaggio come ci fossi cresciuta insieme, mentre esplora in un modo senza precedenti la complessità del dolore umano, fisico e mentale, dove la dolcezza dell’amicizia di Jude, Willem, JB e Malcolm sembra un palliativo rispetto a tutto ciò che di male accade. A Jude, che poco a poco si svelerà come protagonista della storia, non viene risparmiato niente, e con lui vengono trascinate negli inferi le persone che ha sempre cercato di proteggere. A volte sembra troppo. A volte ho realmente chiuso il libro, per fare una pausa, per ritrovare l’ossigeno. Ma l’autrice continua a sondare coscientemente ogni piega, getta luce su tutto ciò che verrebbe più semplice evitare anche solo di immaginare, e ci fa star male nel modo più viscerale e magistrale possibile. Non c’è riscatto finale, non c’è la giustizia che ci fa pensare che in fondo tutto abbia un senso, ma si cerca di prenderne atto, come di fronte alle più grandi tragedie, siano reali o di letteratura.

L’isola di Arturo
Elsa Morante

Nota autobiografica: ho acquistato questo libro a Procida, che sarebbe precisamente l’isola di Arturo. Il suo effetto è stato quindi amplificato dall’aver vissuto, anche se per poco, l’ambientazione e l’atmosfera descritte dalla Morante. Non serve però arrivare fin lì per sentire la salsedine sulla pelle, capire le stagioni, respirare la polvere della casa Gerace, provare ogni sentimento di un bambino che diventa adulto senza passare mai per le esperienze canoniche dell’infanzia. L’autrice ci travolge con un’Odissea senza eroi, in cui la mancanza alimenta tanto l’amore quanto la rabbia feroce, e lascia spossati, carichi di nostalgia ma allo stesso tempo dell’urgenza di un allontanamento.

Year of the Monkey
Patti Smith

Patti Smith ha il dono di rendere fantastiche esperienze reali, sogni immaginifici, sogni ad occhi aperti e tazze di caffè. Anche il vomito di uno sconosciuto sui suoi vecchi stivali per inaugurare il nuovo anno, quello della Scimmia, per l’appunto. Viaggia da una parte all’altra dell’America con i fantasmi del suo passato e l’angoscia talvolta apatica del suo presente. Come in ogni suo libro, la componente di malinconia è presente quanto la musica, l’amicizia, e ogni sua riflessione in merito attiva un canale privilegiato che la connette a chi è lontano, spesso sofferente, si trasforma in un messaggio capace di guarire. Le parole che intrecciano di continuo realtà e finzione sono corredate dalle sue storiche Polaroid. 
Nota tecnica: questa era la prima edizione, ad oggi è presente una nuova versione con una trentina di pagine di “Epilogo di un epilogo”, anche in italiano, scritte nel pieno del 2020 pandemico.

Sono un giovane mediocre
Lauzier

Un salto indietro, nell’adolescenza appena superata, nei primi utilizzi delle parole “borghesia”, “capitalismo”, “ideali”, “ipocrisia”. “Sono un giovane mediocre” è un’affermazione che fa aumentare il battito cardiaco. È lo status-prigione da cui ciascuno di noi tenta in vario modo di scappare. Ma è anche una presa di coscienza possibile solo col senno di poi, e infatti qui sono raccolti 10 anni di diari del protagonista Michel. Perché quando si è giovani come si fa a credere di poter stazionare nella mediocrità? È un insulto, ci sono i sogni da difendere, c’è l’Arte che ha bisogno del nostro contributo, c’è l’amore che attende solo noi, c’è il mondo emarginato che ci chiede aiuto. La distruzione arriva dopo, con la realtà che ci rendiamo conto di vivere, con la rivoluzione che invece di innalzarci a protagonisti, ha preso una strada a cui, in fondo, non ci siamo mai neanche avvicinati.

Canto della pianura
Kent Haruf

Questo volume fa parte della Trilogia della pianura, ma ogni libro può essere letto indipendentemente dagli altri. Tant’è che in Italia l’ordine di uscita dei libri per NN ha sovvertito – con il beneplacito dell’autore – la cronologia originale senza troppi turbamenti. (La romantica storia editoriale è qui). Ciò che tiene uniti i tre libri è l’ambientazione: Holt, una contea sperduta del Colorado, e la voce lucida e misurata di Kent Haruf. La storia è piena di un amore mai dichiarato, di gesti insignificanti che mandano avanti le giornate, di vite come ce ne potrebbero essere a milioni lì fuori, ma capaci di coinvolgerti fino agli occhi lucidi. L’amore talvolta prende sembianze inusitate, ma non per questo meno credibili. Come quello di una ragazzina rimasta incinta che viene affidata alle cure di due anziani allevatori. O di due fratelli bambini nei confronti di una madre che passa le giornate a letto al buio, e del padre con l’insegnante del paese. Alla fine è come se venisse costruita una nuova famiglia, assemblata con pezzi recuperati ai bordi dell’interesse comune, che nella realtà letteraria sembra comunque l’ambiente migliore per far crescere una nuova vita.

Gli ultimi giorni di Pompeo
Andrea Pazienza

Il reliquiario che contiene le viscere, i demoni, le crisi e la discesa negli inferi dell’eroina del santo Pompeo e del suo autore Pazienza. Ha le sembianze di un diario raffazzonato con l’urgenza di un moribondo, per cui leggerlo, guardarlo, assorbirlo fa bene nella stessa misura in cui ferisce. Il fascino che genera l’oscurità è noto abbastanza, ma se siamo tra i fortunati guarderemo quel baratro in cui sono precipitati il personaggio e la persona da una distanza di sicurezza che ci restituirà solo il mito. 

Febbre
Jonathan Bazzi

Tra la periferia di Milano e Porta Venezia, tra l’infanzia e il presente del 2016, una vita diversa si racconta in prima persona. Che coraggio narrare la propria storia, pensavo durante la lettura. Nell’epoca dei social, del giudizio esasperato, coinvolgere la tua famiglia – che non ne esce proprio come quella del Mulino Bianco, il tuo ragazzo, dichiarare l’angoscia, le ossessioni, i pensieri distorti di un momento in cui sai che la tua esistenza sta inevitabilmente per cambiare, coinvolgere centinaia di estranei nei tuoi ricordi. Sarai marchiato dalla consapevolezza di tutti, tutti quelli che sono entrati in quelle tue pagine che hanno il sapore di un diario con il retrogusto di un disagio che non lascerà nessuno con la fine del libro. Perché il libro finisce, ma la vita dell’autore classe 1985 prosegue, e sotto i riflettori. Ecco perché insieme a tutte le sensazioni da metabolizzare, che a distanza di mesi sono ancora ben presenti, il pensiero che è prevalso è stato quello di gratitudine. Grazie per il tuo coraggio, Jonathan Bazzi. Per aver raccontato in modo onesto la zona d’ombra, quella che si tiene a distanza con il pregiudizio e la paura. Grazie per aver fornito democraticamente non tanto un libro quanto uno strumento per esercitare l’accettazione e l’empatia, senza chiederlo mai. 

Ho paura torero
Pedro Lemebel

“Pedro Lemebel è nato a Santiago negli anni Cinquanta, povero e maricón.” Adorato in Cile, Pedro era un sovversivo vero, di quegli artisti disposti a esporsi a viso aperto contro una dittatura. Nel suo romanzo c’è la Fata dell’angolo, protagonista dello stesso scenario ben conosciuto dall’autore, la Santiago di fine anni Ottanta. Insieme alla Fata c’è Carlos, amore impossibile, universitario rivoluzionario che le invade la casa di compagni, libri e casse che lei, ingegnosa piena di immaginazione, trasforma costantemente in mobili da ricoprire con i suoi tessuti ricamati. Alla Fata, Lemebel si riferisce ad ogni riga con un genere diverso. Che sia un lui o una lei comunque poco importa, perché non si può far altro che amarla nel suo essere barocca e vitale, amando così anche Pedro e la sua lucidità piena di gioia travolgente e di una costante sensazione di malessere. 

Daily Rituals: How Artists Work
Mason Currey

Che gaudio questo libro che raccoglie tutte le routine dei grandi artisti e creativi della storia. Perché se siete come me vi dite “bella l’opera, ma come diamine gli è uscita dalla testa?” e allora quando inciampate in un archivio vastissimo di gesti quotidiani, pasti e passeggiate, situazioni di sconforto ma anche feste e gran serate in compagnia, vi sembra di avere un’opportunità rarissima di guardare a questi esseri umani come tali. È ispirante, è anche il libro che vorrei diventasse metodo d’insegnamento nelle scuole, perché in fondo nessun’opera, libro, evento storico esulano dai loro protagonisti e dal modo in cui hanno vissuto le proprie giornate.

Scheletri
Zerocalcare

Un libro che, come dice la beneamata Tegamini, ci fa un po’ preoccupare per la salute di Zerocalcare. Nelle storie passate mi è sempre sembrato che la quantità di legnate sui denti venisse calibrata con una certa volontà di generare sorrisi – a volte sdentati, viste le percosse, ma pur sempre sorrisi. In questo caso mi pare che le legnate siano più forti, sorridere diventi più difficile. Gli scheletri sono lì, e si presentano prepotenti. Colpa dei 30 anni se mi riconosco nelle parole di Michele? Facile, per niente consolante, ma comunque uno dei motivi – oltre a tutti quelli che già mi fanno amare Zerocalcare, per far rientrare questo libro tra i miei preferiti del 2020, e della bibliografia di Calca’.

Cent’anni di solitudine
Gabriel García Márquez

Ma è normale che se mi distraggo per una riga mi perdo almeno un evento importante? E confondere ogni nome e grado di parentela fino a ricorrere ad un albero genealogico su Wikipedia? È normale anche accettare spiriti del passato, predizioni future, vecchie centenarie, amori sfrenati e incesti che portano a figli con la coda di maiale come fossero i più logici degli eventi? I molteplici dubbi sono stati risolti con un perentorio: se lo scrive Márquez, va tutto bene. Sarà che avevo sempre scambiato questo libro per una “saga familiare” da leggere prima o poi, senza mai aver intuito cosa contenesse davvero, ma sono grata di essermici imbattuta finalmente. Anche perché questo Nobel della letteratura mi è sembrato da subito il fratello maggiore de La Casa degli Spiriti, per cui non mi è restato che amarlo.

Spero che questa lista eterogenea sia di qualche utilità a chi passerà di qui. Ma le mie ragioni sono anche egoistiche. Le vacanze mi hanno arrugginito le giunture, e pensare di scrivere di libri è stato uno stimolo a ricollegare i neuroni attivati ultimamente solo dal Monopoli e da Netflix. Mi sono anche resa conto di quanto rispolverare le letture mi abbia fatto ricordare ciò che credevo di aver già dimenticato nel corso dei mesi, e di come sia vero che spesso non si scrive per dire qualcosa, ma per scoprire che cosa si ha da dire.

A presto,
Veronica